Case “Popolarissime”. Questo è il nome che viene dato alle abitazioni (i “casermoni”) del quadrilatero Scalo-Malvasia, un quartiere alla periferia di Bologna nato a metà degli anni ’30 e oggetto di un recente progetto di riqualificazione urbana.



Il quartiere è composto da diversi stabili a più piani e si articola in rioni autosufficienti caratterizzati dalla messa in comune di vari servizi, aree attrezzate e di zone verdi.




Per chi si addentra in questo quartiere è difficile non percepire il forte contrasto tra la brutale imponenza dell’architettura, con i suoi pilastri in cemento armato, e la fragilità di una natura non più selvaggia ma addomesticata in piccole e uniformi aiuole.


Il silenzio è denso e talvolta lascia spazio a puntiformi apparizioni sonore (una serranda che si abbassa, l’abbaiare di un cane, il battere d’ali di uno stormo d’uccelli), testimonianze delle vite che popolano quel luogo.




La luce abita questi spazi: penetra flebile e sottile attraverso i pilastri, si fa largo nel campo da basket e rimbalza di colore in colore, si riflette sulla superficie specchiante che ricopre la palestra di quartiere, e finisce la sua corsa su una panchina dalla forma sinuosa e moderna, a fianco di quella coppietta di pensionati che ama assaporare gli ultimi tepori dell’autunno. Sono lì fermi e in silenzio, forse stanno ripensando a quel giorno di trent’anni fa in cui si sono trasferiti qui per la prima volta o forse, semplicemente, stanno aspettando che arrivi qualcuno a cui far notare la brutta crepa sull’intonaco nuovo.





